
L’equipe, coordinata da Daniela Bortolin, è composta da Stefano Campoccia, Francesca De Grandis, Emanuela Strumendo, Giulia Giuliani, Cristina Gerolami, Anna de Bortoli, Elisa Daneluzzi, Laura Conter
Vissuti degli educatori in tempo di Smart Education e Covid-19
AZZANO DECIMO – Il mese scorso ci siamo accomiatati da voi lettori lasciandoci alle spalle una granitica e forse un po’ ingombrante consapevolezza: la relazione con i nostri beneficiari è cambiata. Vorremmo ora proseguire questa nostra cronistoria raccontandovi il “come” e, al contempo, dandovi conto dei punti deboli e forti di questa nostra nuova esperienza, condividendo anche alcuni auspici per il futuro. Qui potete trovare la prima parte dell’articolo con l’introduzione della coordinatrice Daniela Bortolin.
“Voi ci siete stati!”. Tutti o quasi ci hanno risposto questo. È stato il trionfo della normalità nella surreale quotidianità alterata della “corsa all’amuchina” e del “walzer delle chiusure”. Noi, quel brandello di normalità, ultimo baluardo del “mondo di fuori” a cui aggrapparsi, abbiamo “trovato il modo” e adesso nulla sarà più uguale. Abbiamo fatto squadra con famiglie e “utenti” trovando soluzioni nuove e mettendoci a nudo in modo diverso, mostrando anche i nostri limiti. Le Persone con cui lavoriamo lo hanno apprezzato molto e ne abbiamo avuto in cambio schiettezza e sincerità, non da tutti certo, ma da tanti e conta questo. Le giornate sono state spesso lunghe e pesanti, ma nell’onestà della difficoltà e della stanchezza abbiamo trovato la testardaggine di non mollare, perché neanche loro hanno mollato, perché “se tu ci stai e ci sei, io ci sono”.
Insieme abbiamo testato relazioni, rimodellato prassi, scritto vagonate di carta. Insieme ai colleghi e insieme agli “utenti”: insieme alle Persone. Nella difficoltà abbiamo capito e ci siamo sentiti capiti nelle intenzioni a nostra volta, così l’azione educativa è fiorita. Abbiamo accettato di non essere sempre graditi, di essere a volte “l’ennesima chiamata Skype da fare” e siamo andati avanti, avanti fino alla “risata successiva”, fino a quel guizzo di spontaneità che ci dava di nuovo la carica.
Punti deboli?
Molti. Non ha senso nascondersi dietro ad un paravento decorato, c’è ancora molto da lavorare per trovare la ricetta giusta. Per chi fa fatica a mantenere l’attenzione, stare dietro uno schermo (ammesso che uno schermo lo abbia a disposizione) è dura e distinguere gli stimoli importanti da quelli che non lo sono non è affatto semplice, chi è quella “testa nella scatola”? Il non verbale ci è mancato, e la “guida fisica usb” ancora non l’hanno inventata. Esserci al telefono al momento giusto non è stato per nulla facile, soprattutto se il momento giusto è quando stai scolando la pastasciutta per cinque. Tutto quell’“informatichese” non è stato facile da mandare giù, e poi vuoi mettere la bellezza dello stare insieme? Insomma, c’è ancora molto da sistemare in questo gran calderone che è la Smart Education.
C’è però anche tanto (ma tanto tanto) di buono.
Ci siamo messi in gioco e quello che abbiamo imparato non ce lo porterà via nessuno (alla fine è questo che insegniamo ai ragazzi no?). Abbiamo lavorato in sinergia con tutti gli altri pezzi del puzzle come mai fatto prima d’ora senza neanche doverci muovere di casa e avendo a disposizione tutti gli strumenti “del mestiere”, senza doverli portare con noi. I tempi morti si sono assottigliati molto, è stato bello non doversi perdere nella giungla del traffico con i tempi contati e il panino in borsa. Le famiglie erano a portata di click e tutti hanno fatto la loro parte per raggiungere l’obiettivo. I genitori non si sono risparmiati nel valorizzarci e hanno espresso più volte e in più modi la gratitudine per la nostra presenza anche in questo momento difficile (c’è chi ha trovato una torta con le candeline al suo ritorno in presenza). Abbiamo visto il nostro personale quadro d’arte moderna e a volte ci siamo resi conto che girandolo sottosopra era più carino, abbiamo trovato il modo di fare la rivoluzione! Il risultato non si è fatto attendere e gli echi di ciò che abbiamo realizzato sono arrivati alle orecchie di chi ci ha affidato il territorio su cui lavoriamo.
In futuro, l’uso della modalità a distanza per l’attività educativa entrerà a pieno titolo nella quotidianità, c’è poco da fare e da dire. Certo non sarà per tutti, ma starà anche molto a noi saper trovare il modo giusto di declinarla, i vantaggi sono sicuramente molti e altri ne verremo a scoprire a mano a mano che impareremo anche noi a usarla correttamente adattandola agli scopi.
L’oggi è liquido, noi educatori dobbiamo essere ancor più eclettici per imparare a contenere questo liquido aiutandolo a trovare la propria forma rispondendo ai quesiti più o meno manifesti che i nostri “utenti” ci pongono. Un grande supporto in questo senso ci viene dai Servizi, i quali hanno molto apprezzato la nostra capacità di reagire prontamente alla situazione proponendo soluzioni innovative, che hanno portato una ventata di aria fresca nel nostro modo di lavorare.
Sebbene la maggior parte delle situazioni sociali che abbiano come obiettivo l’inserimento in un contesto di gruppo (a maggior ragione nel caso di “utenti” di età scolare e prescolare o in casi di disabilità medio-grave), vedano come imprescindibile l’attività in presenza, è anche vero che in tutti gli altri casi il supporto a distanza può offrire un’azione fluidificante, a fronte di un dispendio di tempi ed energie minore rispetto ad un’azione in persona, anche in funzione della possibilità di coinvolgere in modo diverso e più spontaneo la famiglia.
La strada del virtuale se da un lato erge il muro della distanza, dall’altro abbatte le barriere architettoniche e culturali, consentendo oltretutto di studiare le relazioni e i comportamenti che le caratterizzano nel loro setting naturale, che è quello della casa e della famiglia. Le energie “risparmiate” potrebbero essere investite in termini di “parent-training”, così da agire contemporaneamente su più fronti e perseguire l’obiettivo del cambiamento in modo più agevole. Un ulteriore vantaggio potrebbe essere quello di incentivare l’autonomia nel momento in cui la presenza fisica dell’educatore non sia più così scontata.
Noi funzioniamo bene quando non serviamo più: sfumare la nostra presenza passando dalla persona al digitale può essere utile in tutti quei casi in cui l’utente deve mettersi alla prova da solo davanti ad una sfida che ormai sappiamo essere in grado di affrontare. La presenza rimane comunque un’occasione di crescita per tutte le persone coinvolte, ma il punto è che anche attraverso l’educativa a distanza sarà possibile perseguire tale obiettivo, si tratta solo di rifinire le modalità attraverso cui ciò diventa possibile, dotandoci di strumenti e competenze adeguate. Certo pochi di noi fanno questo lavoro per “stare davanti a un pc”, ma sarebbe probabilmente un grosso errore ostinarsi ad agire secondo “ipse dixit” e non provare a cogliere la sfida del cambiamento trasformando la novità in un’occasione per reinventarsi.
Quanto agli auspici per il futuro della nostra professione, ci auguriamo che il percorso evolutivo che l’ha caratterizzata prosegua in modo armonico e libero da “interessi di partito”, che puntano solo a dividere e non a creare un percorso di formazione comune nell’interesse di professionisti ed “utenti”. È indubbio che alla fine contino le competenze e queste devono essere fornite nel modo più funzionale possibile al loro essere poi spese nell’ambito lavorativo. Noi siamo catalizzatori energetici di un territorio che genera, non dobbiamo mai dimenticarlo. Su un piano più pratico la speranza è che la professione possa vedere maggiormente riconosciuto l’eclettismo che la contraddistingue, così come la notevole mole di lavoro indiretto che viene richiesta a chiunque decida di strutturare una progettualità educativa in modo serio e professionale.
Altrettanto vale per le energie spese nella creazione e nella cura delle reti di relazioni che sono alla base dei nostri progetti. Parole come team building e équipe interdisciplinare dovranno diventare pane quotidiano in quei contesti ove non lo sono già, sfumando definitivamente i confini tra Servizi, Scuole e Cooperativa nel nome di quel comune obiettivo ultimo che è il benessere del territorio.
Gli avvenimenti recenti e le iniziative formative, realizzate dagli educatori nei confronti delle famiglie interessate a mettersi in gioco per il territorio, hanno dimostrato che l’educatore è una risorsa per la comunità intera e non solo per l’utente che segue individualmente. La speranza, infine, è che i nuovi mezzi informatici facilitino la fruizione di strumenti e corsi di formazione mirati ad accrescere le competenze nello spirito di condivisione e crescita comune, che è caratteristica fondante dell’agire cooperativo e (in senso più ampio) sociale. Insomma, c’è ancora molta strada da fare, ma la direzione è di certo quella giusta, si tratta solo di darsi da fare e camminare tutti insieme.
Equipe educatori territorio Uti Sile e Meduna
Cooperativa sociale Itaca