Cura, prevenzione e riabilitazione: il progetto “Montagnaterapia in Cadore”
TRE CIME DI LAVAREDO – Esplorare le montagne delle Tre Cime di Lavaredo, dove un tempo c’erano il mare e i dinosauri, è un’esperienza che si può trasformare in cura, prevenzione e riabilitazione se rivolta a persone con differenti problematiche, patologie o disabilità. Stiamo parlando di “Montagnaterapia in Cadore”, un progetto triennale portato avanti dall’associazione Momentaneamente Assenti onlus con il sostegno della Cooperativa sociale Itaca. Guarda la photogallery completa Da maggio sono state 13 le uscite, altre 11 sono già in calendario sino ad aprile 2018, circa due al mese, nel progetto che sta coinvolgendo oltre venti persone che frequentano i servizi afferenti all’Unità operativa di Psichiatria di Pieve di Cadore, nello specifico la Comunità terapeutica residenziale protetta e la Comunità alloggio di Auronzo, e il Centro diurno di Pieve.
Il termine “montagnaterapia” venne utilizzato la prima volta in un articolo a commento del convegno nazionale del Cai “Montagna e solidarietà: esperienze a confronto” del 1999 a Pinzolo. Ne nacque un movimento nazionale di ricerca e attività clinico assistenziale dapprima in psichiatria, oggi salute mentale, poi anche nelle dipendenze e disabilità.
Con il termine montagnaterapia oggi si definisce un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, pensato e progettato per svolgersi sulle dinamiche di gruppo nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna.
Il progetto portato avanti dall’associazione Momentaneamente Assenti, dopo aver valutato i bisogni dei beneficiari dei servizi della salute mentale coinvolti, unitamente alle risorse del territorio, si propone di condurre un gruppo di persone con difficoltà psicologiche a sperimentarsi come fruitrici della montagna.
Questa la cornice che ha visto, lo scorso 4 ottobre, la speciale esplorazione delle Tre Cime di Lavaredo (2999 m), con partenza a piedi dal Rifugio Auronzo (2320 m), cui hanno partecipato Gianbattista, Nicola, Donatella, Tomas, Alan, Mauro, Rosa, Loris, Luca, Laura, Michele, Valentina, Marco, Maria Pia, Giovanna, Paola, Caterina, Marina, Fiorella, Alan, Denis e Lorenzo.
Anna, la nostra guida, ci ha raccontato che 230 milioni di anni fa in quell’area i coralli e le alghe innalzavano imponenti barriere, i dinosauri vagavano solitari in cerca di cibo, nei tratti di mare poco profondo. E ci ha anche mostrato le loro impronte su un masso che si trova sul sentiero che dal Rifugio Auronzo conduce alle Tre Cime, nel territorio del Comune di Auronzo, due orme di carnosauro che i paleontologi hanno datato intorno a 215 milioni di anni fa. Guglie, torrioni, ghiaioni, pascoli e foreste sono solo una parte di quello che i nostri occhi hanno visto lungo quella camminata di 7 Km, in una splendida e calda giornata di sole baciata, all’improvviso, dal suono del corno delle alpi, che un pastore ha fatto echeggiare donandoci alcuni minuti di grande emozione.
Anna ci ha anche spiegato che da 80 fino a 40 milioni di anni fa, il Super Continente africano e quello euroasiatico erano entrati in collisione con una spinta che, seppur più debole, dura ancora oggi. Quella spinta aveva coinvolto ampi strati sedimentali depositati durante milioni di anni, che poi si erano inarcati in una serie di pieghe, poi accavallatesi provocando numerose fratture, per poi emergere dalle acque intorno a 10 milioni di anni fa. Perché, in quell’epoca, le montagne del Cadore si specchiavano alte nelle acque del mare e non avevano ancora preso la forma che vediamo oggi. E poi erosioni, glaciazioni, il lento ma continuo e impercettibile movimento dei ghiacciai che ha eroso profondamente gli zoccoli basali delle crode, ritirandosi, con queste che sono franate in più parti prendendo il loro aspetto attuale. Ecco, così si sono formate le pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo, patrimonio Unesco che noi ammiriamo oggi.
Tornando al progetto “Montagnaterapia in Cadore”, nella prima parte le uscite sono servite alle persone per iniziare o per riappropriarsi della capacità di muoversi in ambiente montano, mentre per gli operatori nello specifico è stato un modo per valutare le capacità di ognuno nell’affrontare i vari aspetti che l’attività di gruppo all’aperto creano, tra cui la programmazione – assieme ai beneficiari dei servizi – di percorsi e tempistiche, e ancora la rielaborazione dell’esperienza vissuta sia dal punto di vista fisico che mentale.
In prospettiva, il progetto – oltre alle camminate – prevede anche lezioni frontali su abbigliamento, preparazione del materiale, sicurezza e soccorso in montagna, o uscite esperienziali in natura quali muoversi bendati nel bosco da soli seguendo il percorso di una fune tesa tra gli alberi, accompagnati da un compagno-guida, osservazione del microcosmo in un ambiente delimitato, esperienze sensoriali, stare nel bosco in silenzio ascoltando la natura.
Fabio Della Pietra