A casa nostra, la schiavitù del XXI secolo si chiama voucher
UDINE – A proposito di innovazione nelle relazioni umane: e lo schiavismo? Se non ci fosse stata la modernizzazione costituita dal commercio sette-ottocentesco degli schiavi verso gli Usa, non ci sarebbe stata l’impennata tecnologica della produzione cotoniera, e di conseguenza niente rivoluzione industriale e capitalismo globalizzato come lo conosciamo.
A casa nostra, la schiavitù del XXI secolo si chiama voucher.
E’ la fase suprema dello sfruttamento e della abolizione dei diritti sociali. Dalla cassa malattia alla pensione; dal reddito minimo ai diritti democratici dei lavoratori: fine! Ridotti a bestie: quando ti alzi, se non hai un amico bipede che ti riempie la ciotola, devi sbatterti. E se non combini, non mangi. La casa, se non te la lascia il nonno, te la scordi. E mettere su famiglia e fare figli, niet. Altro che fertility day! L’unica riproduzione umana è ormai garantita dai clericali che ti vietano i preservativi e/o fanno l’obiezione di coscienza (non ai crimini di guerra, ma al controllo delle nascite).
In materia giuslavoristica, da ultimo grazie al ministro Robocoop Poletti (il primo ministro cooperatore dopo lunghi decenni… ne avremmo fatto volentieri a meno), ormai non esiste più il lavoro stabile. Il lavoro a tempo indeterminato è stato ormai ridotto alla marginalità dal dilagare dei contratti a termine, dopo la fine dei ricchi premi e cotillons (per i padroni) del Jobs Act. E grazie all’attacco renziano ai corpi intermedi, in primis i sindacati, te lo scordi di aprire becco su alcunché.
La cosa emerge pure in materia appaltistica, laddove manco si sarebbe dovuta concepire una simile turpitudine. Non solo il co.co.co. era sopravvissuto solo nella Pubblica Amministrazione (ma non dovrebbe dare l’esempio?), ma ora si fanno gli appalti per/con i voucher.
Passi che accada a Taipana, che manco forse sanno se stanno in Italia. Ed infatti hanno fatto una procedura che non si sa cosa fosse, se un appalto, un’assunzione di personale avventizio oppure una pasquinata (anche se, di fronte ad un segretario comunale di carriera e ad un commissario funzionario pubblico, uno si domanda come si fa).
Certo che poi preoccupa se il comune di Marano Lagunare, che invece è sempre stato affacciato sulle lagune della Serenissima Dominante, fa una procedura di affidamento dei servizi culturali ad una cooperativa, salvo poi ringraziare e procedere ad una raffica di bandi per assunzione di precari col voucher.
Ma è bastato chiedere alle cooperative di segnalare eventuali casi, per rendersi conto che la situazione è ormai irrimediabile. Scoprendo che il Comune di Tolmezzo, Capitale della Carnia, affida tramite voucher lo sportello «par furlan»; che quello di Cordenons da due anni gestisce con i voucher i servizi ausiliari dell’asilo nido, e che perfino il Servizio forestale regionale assume in voucher i rilevatori stagionali degli impianti di rilevazione nivopluviometrica (per “soli” 152 giorni/anno).
E siamo solo all’analisi random. Ormai non basta più la “guerriglia appaltistica” del Comitato Paritetico Regionale, impegnato a prendere carta e penna e ripetere “spiace constatare come in Codesta procedura sopra oggettivata, siano presenti una serie di gravi incongruenze, che di seguito si elencano …”. E’ necessario un sommovimento popolare, tanto altrimenti saremo tutti per strada comunque.
Gian Luigi Bettoli
Presidente Legacoopsociali Fvg