Non una sanatoria ma un atto di giustizia
Molti i limiti della legge tanto che le associazioni cooperative hanno già chiesto alla Regione l’apertura di un tavolo di confronto
TRIESTE – Il Consiglio regionale del FVG ha approvato ieri, sebbene tra luci e qualche ombra, la legge regionale sugli operatori “privi di titolo”. Un provvedimento atteso da almeno 5 mila operatori sociali impegnati quotidianamente in regione nei servizi alla persona, in particolare con la Cooperazione sociale A e B. Lo rendono noto Giada Pozzetto, Luca Fontana, Gian Luigi Bettoli, Pier Antonio Zanin e Samantha Marcon, ovvero i rappresentanti regionali rispettivamente di AGCI-Solidarietà, Confcooperative-Federsolidarietà, Legacoopsociali, Circolo ACLI Nuova Cooperazione e Gruppo spontaneo educatori Pordenone, che da diversi mesi seguivano la vicenda.
“Non una sanatoria, ma un atto di giustizia -affermano – che riconosce il lavoro svolto da operatori con una
formazione spesso superiore alla media, con un sapere sociale importante, grazie al quale si è avviata ed è
stata alimentata gran parte della rete dei servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo della
nostra regione, portandola a livelli di eccellenza nel panorama italiano ed europeo”.
Un “bene comune” che andava riconosciuto anche per “dare sicurezza a persone occupate da decenni, in
attesa dell’approvazione della legge nazionale sugli educatori già votata da un ramo del Parlamento nei mesi
scorsi. Persone -proseguono Pozzetto, Fontana, Bettoli, Zanin e Marcon – che non hanno acquisito i titoli formativi solamente per l’assenza ultradecennale della politica regionale, che non ha saputo adeguarsi alle novità che emergevano progressivamente a livello nazionale”.
Una questione urgente che andava affrontata con senso di responsabilità. “Abbiamo potuto riscontrare un significativo salto di qualità nell’atteggiamento della politica regionale. Dal luglio 2015 (quando il provvedimento fu rinviato) all’approvazione di ieri, abbiamo notato il superamento delle forti polemiche tra le forze politiche di allora e l’assunzione di un atteggiamento di costruttiva condivisione, anche se tutti gli emendamenti, alcuni dei quali cercavano di migliorare tecnicamente il provvedimento, sono stati respinti dalla maggioranza”. Ciononostante, “cogliamo il segno positivo di un Consiglio regionale che si è espresso a maggioranza, ottenendo l’astensione delle opposizioni e lasciando ad un solo isolato voto contrario la reiterazione di posizioni strumentali”.
Cosa accadrà ora è presto detto: “potranno continuare ad operare come educatori i laureati con almeno 2 anni di
esperienza di servizio, mentre saranno riconosciuti come animatori sociali i diplomati alla scuola media superiore con almeno 4 anni di esperienza come educatori o animatori (6 anni invece per quelli con il solo
diploma di scuola media inferiore). Gli OSS (gli operatori assistenziali) non ancora qualificati potranno completare il loro percorso formativo entro il 30 giugno 2019”.
Queste le luci, vediamo ora le ombre. “Purtroppo hanno pesato sul provvedimento alcune incomprensioni, che hanno impedito di affrontare importanti questioni. Incomprensioni alimentate dalla carenza di una ricognizione complessiva circa i titoli formativi degli Educatori attivi nella nostra Regione (richiamata in quasi tutti gli interventi dei consiglieri, dai quali è stato notato che l’unico studio approfondito, con una stima più alta di quella degli uffici, è stato prodotto dalle associazioni cooperative) e dal rifiuto congenito della burocrazia regionale di aprire tavoli di discussione ed elaborazione con le associazioni di categoria, come previsto dalla normativa sul Terzo Settore ed i servizi sociali”.
“Tra i nodi critici del provvedimento compare in primo luogo il demansionamento ad “animatori” di oltre metà delle persone interessate (ne prevediamo quasi 2 mila), creando diversità irrazionali tra operatori in possesso di laurea e non, operatori che lavorano da sempre nelle stesse équipes con eguali mansioni e responsabilità. Ne nasceranno amarezze personali, oltre che difficoltà organizzative e non pochi – temiamo – problemi di inquadramento contrattuale (il CCNL di settore, infatti, prevede esplicitamente la figura dell’educatore “privo di titolo”, con un inquadramento superiore all’animatore “senza titolo”)”.
“È inoltre incerta la situazione degli educatori “privi di titolo” che non sono in possesso dei requisiti di anzianità e titoli necessari per essere riconosciuti, oltre che quella degli OSS che non avevano acquisito l’anzianità necessaria nel lontano 2006. La previsione (rafforzata dall’approvazione di un Ordine del giorno apposito) dell’inserimento di “clausole sociali” per la tutela del posto di lavoro di questi operatori non ci appare sufficiente ed inoltre è aggravata dalla mancanza di canali formativi per queste persone, che possiamo valutare almeno in alcune centinaia”.
Infine, “il provvedimento è ipotecato dalla assoluta carenza di fondi destinati alla formazione del personale. Formazione – vogliamo sottolinearlo – che non dovrà essere realizzata a livello regionale, ma che avrà la sua sede principale nelle Università (le cui facoltà si sono dichiarate più volte disponibili a dare il loro contributo)”.
“Insomma una bella notizia, che ci lascia importanti questioni da risolvere ancora. Non possiamo che
iniziare richiedendo nuovamente all’Amministrazione regionale di aprire un tavolo di confronto per superare
i limiti ancora presenti”.
Fabio Della Pietra
E’ unnprovvedimento diseducativo che premia i senza titolo, e punisce i migliori giovani friulani, VERGOGNA!
Peccato che, quando queste migliaia di operatori, allora (e oggi) senza titolo hanno iniziato a lavorare (diversi decenni fa) la laurea non fosse prevista, ma è stata inserita solo successivamente, anche nei capitolati. Io credo, diversamente, che vada riconosciuto il lavoro svolto da queste migliaia di operatori (in Friuli Venezia Giulia), parliamo di operatori con una formazione spesso superiore alla media, con un’esperienza sul campo importante, ed è solo grazie a loro che in Fvg si è potuta avviare la gran parte della rete dei servizi sociali, sanitari, educativi e di inserimento lavorativo, leggi welfare. Credo anche che ciò vada loro riconosciuto. Anche perché, non è certo ascrivibile agli operatori la responsabilità di non aver acquisito i titoli formativi necessari.
Fabio Della Pietra
Cari colleghi, la regione Friuli hadeciso di uccidere il futuro di tutti i Pedagogisti ed Educatori friulani. Rei di aver studiato per prepararsi adeguatamente al lavoro educativo. Occorre una risposta decisa, un cambiamento culturale, non è possibile far passare una legge che premia i senza titoli e uccide i laureati. Ma in che MONDO VIVIAMO?
QUESTA LEGGE SARA’ IMPUGNATA DALLO STATO, UNICO TITOLARE DEL DIRITTO DI LEGIFERARE SULLE PROFESSIONI
Associazione Pedagogisti Educatori Italiani http://www.apei.it