Un altro modo di intendere la salute mentale è possibile
Udine
Lunedì 12 ottobre, la nave spaziale Disturbo? dista ormai un giorno, proseguendo la sua navigazione chissà quali altrove incontrerà… Ore 6.05, la cesoia della sveglia taglia il mio filo diretto con Morfeo, è tempo di riprendere la consueta routine settimanale; solitamente in quel momento si stringono i denti e si emerge a fatica dalla coltre di coperte che ripara il nostro sonno, ma mi sento stranamente leggero. Ciabatto in cucina alla ricerca di caffè ed energie stupendomi della strana sensazione che mi pervade, ma non riesco ancora ad inquadrarla, a darle un nome, né tantomeno a comprenderla. Fatto sta che neanche la perseverante molestia con cui il gatto pretende la sua colazione riesce a infastidirmi. Attendo con pazienza il gorgheggio confortante della moka, e il profumo del caffè che subito impregna la stanza aiuta piano piano lo svolgersi della matassa dei ricordi, ingarbugliata il giorno prima dalla stanchezza e dal rientro alla vita familiare.
Mi balenano in testa visioni di luci proiettate sui palazzi della mia città, che si muovono al ritmo di musica condensata e condensante, densa e vischiosa come il collante dell’infatuazione, talmente magnetica che ha fatto sì che nemmeno la pioggia disperdesse la folla che in quel momento stava condividendo insieme agli altri, e a me, il piacere di quelle visioni sonore.
Mi rendo poi conto di avere ancora impresse negli occhi immagini di ragazzi colorati, vestiti a quadretti, righe e pois, che abbarbicati in cima a dei sogni a gradini danno gran voce alla marginalità e alla sofferenza, talvolta con la dolcezza e l’ironia, talaltra con la giusta dose di crudezza, quella che ti fa capire come stanno realmente le cose e che ti annoda la bocca dello stomaco.
Palloncini picassiani, dipinti da improvvisati artisti del pennarello, cercano di librarsi in volo verso un cielo che si gonfia di nubi, mentre altri più coscienziosi attendono al suolo, ammiccando ai passanti con le loro facce senza inizio e senza fine.
Voci piene e pastose riempiono ancora le mie orecchie di parole musicali, che trasudano di verità sottese e di immagini forti. E allora comincio a capire il perché del mio stato d’animo, di questo insolito buonumore mattutino che pervade un grigio lunedì. Nel silenzio si comincia a delineare con maggiore precisione l’importanza del nostro intervento cittadino.
“Disturbo? I colori della salute mentale in città”, il cui percorso è nato all’interno delle stanze della Comunità Nove, è stato un messaggio forte alla cittadinanza. É stato un far sapere che un altro modo di intendere la salute mentale è possibile, ed è possibile mediante esso aprirsi a quel mondo che tanto spaventa e che è ancora troppo spesso vittima di esclusione e stigmatizzazione, consapevole e non.
É stato un tentativo di stimolare la popolazione a riflettere su tutti i pregiudizi e le barriere che innalziamo quando ci troviamo di fronte al diverso da noi, e dietro alle quali ci nascondiamo, invece di provare ad avvicinarci e a capire.
É stato promuovere una corretta informazione giornalistica, meno ghettizzante e sensazionalista, sulla salute mentale.
É stato un esercizio alla “buona prassi” della creazione di reti con le realtà Arci territoriali e con le persone che ne fanno parte, e riproponendo all’interno del gruppo di lavoro allargato l’identità di comunità che condivide (anche il cibo e lo spazio) e si confronta.
É stato impegnare gli spazi cittadini del centro di Udine con una proposta artistico-culturale non atta a proporre un prodotto, ma a divulgare cultura, fomentare il ragionamento e promuovere lo stare insieme in uno spazio collettivo, la piazza, facendola così riappropriare della sua antica funzione socializzante ormai dimentica in tempi di social network.
Proprio questo, credo, che sia stato un punto di forza dell’evento Disturbo?, esportare il modello di comunità in una realtà più grande, accogliendo e venendo accolti, promuovendo la contaminazione germinativa di idee e iniziative, cercando un modo comune per comunicare a gran voce la voglia di dar voce a chi solitamente non viene ascoltato; proponendosi come una realtà positiva all’interno della quale abbiamo tutti diritto d’espressione, e di emozione.
Mi auguro che chiunque sia passato per piazza San Giacomo sabato 10 ottobre, e abbia vissuto insieme a tutti noi un po’ di Disturbo?, si sia svegliato come me di buon umore il lunedì mattina, consapevole del fatto che la città, due giorni prima, ha accolto e abbracciato una cosa preziosa e che agli “umans”, quel giorno, sono state impartite le prime lezioni di guida della “naf spazial”.
Luca Mansutti