Testimonianze dal presente nel nuovo numero de L’Ippogrifo
Pordenone
E’ uscito il nuovo numero de L’Ippogrifo, interviste e foto per provare a capire il presente, con focus di Pierluigi Di Piazza sulla comunità, Lucio Schittar sulla salute mentale, Piervincenzo Di Terlizzi sulla scuola, e molti altri… Qui l’editoriale di Francesco Stoppa.
NON CI SONO PIÙ LE STAGIONI
È sempre con un certo ritardo che l’uomo prende consapevolezza di sé e matura un sapere sufficientemente oggettivo e non meramente emozionale di quanto vive, agisce o subisce. Se questo è vero per ogni periodo storico, lo è in maniera particolare, forse inedita, per il nostro. Al punto di ritrovarci spiazzati davanti a una domanda come «In che epoca viviamo?».
Abbiamo sospeso la dialettica che collega o disgiunge le epoche, inchiodati come siamo a un presente infinito che ci ha disabilitati dal senso, dal gusto stesso della storia. Il passato si è monumentalizzato, spettacolarizzato in eventi rievocativi, celebrazioni postume, Giornate della memoria. Del futuro, nessuna traccia se non un epidermico ma persistente timore – alibi perfetto per votarsi senza alcun senso di colpa all’esclusiva cura di sé (il tutto, naturalmente, in nome di quell’inalienabile bisogno alla privacy degno di comparire nella Carta dei diritti dell’Uomo).
È pur vero che il passo della storia è cambiato: da marcia graduale e incerta, che poteva e doveva contemplare soste e intermittenze, momenti d’attesa e dilazioni, ha assunto la falcata di un centometrista, idealmente teso a ridurre al minimo, a un flash, lo spazio e il tempo che lo separano dalla sua meta. Gli eventi, i vissuti, le stimolazioni – ma anche i valori, le mode, gli ideali – si affastellano, si compenetrano l’un l’altro fino a rendersi intercambiabili e a confondersi in un melting pot di identità e appartenenze. La simultaneità e la rapidità delle cose che vediamo o tocchiamo, delle esperienze che facciamo, hanno sconvolto l’antico e più articolato ritmo dell’esistenza. Quindi, come non ci sono più stagioni e in generale i mutamenti climatici sono incredibilmente riscontrabili all’interno di un solo passaggio generazionale, così appaiono sfumati i confini e la consistenza stessa della nostra epoca.
La freccia ferma è un titolo che abbiamo rubato a un grande psicoanalista purtroppo precocemente e ormai da tempo scomparso, Elvio Fachinelli. A noi ha evocato la freccia della storia sospesa, oggi, a un laconico «life is now» orfano di miti e di promesse, ma ha anche ispirato questo nostro tentativo – certamente difettuale e zoppicante – di narrare, fotografare, offrire testimonianze, per quanto parziali, del nostro nebuloso ma chissà, forse non così spento presente.
Sapendo che solo domani, con necessario ritardo, qualcun altro potrà dirne una parola più precisa.
Francesco Stoppa