La relazione tra una madre e un figlio dislessico dagli anni ‘60 ai giorni nostri
San Vito al Tagliamento
Insegnanti poco malleabili nei confronti delle diagnosi di dislessia che, invece di aiutare lo studente, si atteggiano con maggior severità, come se la patologia fosse un modo per godere di non meglio definiti privilegi. Ne consegue che i ragazzi ne restino intimoriti e, per evitare polemiche con il docente di turno e con i compagni, rinuncino agli strumenti cui hanno diritto. Nelle scorse settimane il quotidiano La Stampa ha riportato alcune notizie riguardanti alunni con Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) riferite ad alcune scuole secondarie superiori dell’area savonese in Liguria dove, a quanto pare, pur in presenza di diagnosi di Dsa, non verrebbero concessi gli strumenti compensativi previsti dalla L. 170/10, dal decreto attuativo n. 5669/11 e dalle relative linee guida. Va da sé che senza gli strumenti compensativi e le misure dispensative – peraltro previste dalle norme ed individuati all’interno di un Piano didattico personalizzato – gli insuccessi scolastici appaiono inevitabili e, di più, possono seriamente compromettere non solo la carriera scolastica dell’alunno ma anche la sua autostima e la percezione di sé. Lungi dalla criminalizzazione di una intera categoria, appare strategico comunicare ed educare chi sta vicino a bambini e ragazzi con diagnosi Dsa anche perché, in una situazione come quella descritta sopra, il rendimento scolastico rischia il tracollo oltre che un significativo disagio psicologico per lo studente.
I disturbi legati alla dislessia sono dovuti a problematiche di tipo neurobiologico che implicano importanti difficoltà nell’acquisizione di automatismi, nonostante il costante impegno i risultati ottenuti non possono essere comparabili con quelli raggiunti da alunni che non hanno tale tipo di difficoltà. Il dislessico, ad esempio, resta sempre impegnato nella lettura e nel posizionamento corretto delle lettere rischiando di perdere il senso del contenuto. Alcuni studenti che hanno partecipato ad un sondaggio promosso dall’Associazione italiana Dislessia (Aid) hanno raccontato così la loro esperienza: “Quando facevo bene, pensavano avessi copiato… I professori non si fidano delle mappe che fai. Loro pensano che tu devi sapere poche cose, se sai qualcosa di più, allora hai copiato”. E non mancano le storie di fallimento dell’integrazione, come quelle di chi ha scelto di non proseguire gli studi per le derisioni dei compagni.
In quest’ottica di informazione ed educazione generale, bene si inserisce il percorso di scoperta della dislessia, centrato sulla riflessione e sulla possibilità di trasformare un apparente svantaggio in vittoriosa forza di volontà, proposto dallo spettacolo “Cronache del bambino anatra”, presentato con grande successo lo scorso 8 maggio al Teatro Arrigoni di San Vito al Tagliamento. Nato dal progetto teatrale di Sonia Antinori, Maria Ariis e Carla Manzon (con intervento pittorico di Roberta Garlatti), ha portato un raro ed efficace esempio di teatro sociale dedicato ad un disturbo che oggi in Italia colpisce 1,5 milioni di persone, in particolare bambini e ragazzi affetti da dislessia evolutiva, e coinvolge 6 milioni tra genitori, insegnanti e operatori del settore.
A promuovere l’evento l’associazione Polaris – Amici del Libro Parlato di San Vito al Tagliamento, ampio il partenariato che ha visto la collaborazione e il sostegno di Comune di San Vito al Tagliamento, Comitato Genitori Scuole, Cooperativa sociale Itaca, Istituto comprensivo San Vito al Tagliamento, Ute del Sanvitese, e il patrocinio di Lions Club Medio Tagliamento.
Dopo due anni di ricerche, Sonia Antinori, sua la drammaturgia, e le attrici Maria Ariis e Carla Manzon hanno creato con “Cronache del bambino anatra” un lavoro originale che attraverso il racconto della relazione tra una madre e un figlio dislessico, dagli anni ‘60 ai giorni nostri, fa luce sulla delicata condizione di chi ha dovuto affrontare questo problema prima che comunità scientifica e società civile ne avessero svelato la vera natura.
La dislessia è un disturbo classificato tra i “Disturbi Specifici di Apprendimento” (DSA) e la sua principale manifestazione consiste nella difficoltà a leggere fluentemente e in modo accurato, nonché a decodificare ed elaborare quanto viene letto. Tali problematiche non possono essere ricondotte a insufficienti capacità intellettive, mancanza di istruzione, cause esterne o deficit sensoriali. In Italia i soggetti con dislessia evolutiva sono almeno 1,5 milioni (dati AID-Associazione italiana Dislessia), mentre la stima altamente in difetto delle persone coinvolte è di 6 milioni. A ciò vanno aggiunti i dislessici non diagnosticati del presente e quelli che nel passato non hanno goduto di alcuna tutela.
“Cronache del bambino anatra” mette al servizio il linguaggio dell’arte per contribuire alla conoscenza di un disturbo ancora troppo poco noto a chi non ne è direttamente toccato e che, nella narrazione di un percorso accidentato e doloroso, sollecita l’empatia e mira a schiudere l’orizzonte di una diversa e più matura consapevolezza. Il materiale testuale, derivato da testimonianze dirette di persone direttamente coinvolte (genitori, insegnanti, dislessici di diverse fasce d’età, esperti dei disturbi dell’apprendimento o più ampiamente di neuroscienze), è organizzato in una struttura drammaturgica che, esplodendo la sequenzialità cronologica, favorisce salti di narrazione, anticipazioni e ritorni, anche grazie alla versatilità delle due interpreti, alle prese con personaggi di età differenti e diversi momenti della storia recente.
Fabio Della Pietra
Photogallery del “Bambino anatra” a San Vito al Tagliamento
(ph Chiara Buligan)
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