Patto tra istituzioni per la ricostruzione del welfare del futuro
Pordenone
Franco Basaglia non era contro le istituzioni ma contro l’istituzionalizzazione, e questo non tutti ancora oggi lo hanno capito. Così Francesco Stoppa, psicologo dell’Azienda sanitaria n.6 Friuli Occidentale e coordinatore del progetto di comunità Genius Loci, ha aperto i lavori della giornata di studio “Generare comunità, abitare le istituzioni”, tenutasi a Pordenone nella sala consiliare della Provincia lo scorso 4 dicembre, e promossa da Ambito distrettuale 6.5, Ass6, Provincia di Pordenone, Cooperative sociali Acli, Fai e Itaca.
Perché la comunità diventi reale luogo di accoglienza, di ascolto e di solidarietà è necessaria un’opera sempre più capillare di umanizzazione delle istituzioni. Da questa premessa sono partiti i lavori che hanno visto confrontarsi a viso aperto enti locali, servizi e Cooperazione sociale che hanno avviare un momento di riflessione e confronto sulle logiche e le strategie che presiedono, e sempre più dovranno orientare, le pratiche cliniche e socio-assistenziali di comunità.
Siamo sempre più immersi nell’individualismo e incapaci di entrare in relazione con gli altri, fare comunità è invece prendersi cura degli altri, del corpo sociale, accettare il rischio mettendo alla prova i nostri saperi. Il vantaggio dell’intervento e dell’accettazione del rischio è quello di far riguadagnare alle istituzioni la loro vocazione sublime, il lavoro a favore delle persone.
E’ stata una giornata densa di significati quella che ha visto coinvolte diverse personalità del mondo del sociale e delle istituzioni: Pierluigi Di Piazza (responsabile del Centro di accoglienza e promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano), Fabio Fedrigo (presidente Cooperativa sociale Fai), Lucio Bomben (direttore del Dipartimento di prevenzione Ass6), Paolo Bordon (direttore generale Azienda ospedaliera “Santa Maria degli Angeli” di Pordenone), Giorgio Simon (Direttore sanitario Ass6), Orietta Antonini (presidente Cooperativa sociale Itaca), Stefano Franzin (responsabile Ambito 6.5 di Pordenone), Martina Milia (giornalista), Claudio Pedrotti (sindaco di Pordenone e neo presidente della Provincia di Pordenone), Angelo Cassin (direttore Dipartimento di salute mentale dell’Ass6), Stefano Carbone (referente scientifico del progetto Genius Loci), Giorgio Volpe (Èquipe animazione del MoVi-Fvg e Anteas-Fvg), Roberta Zanovello (educatrice di strada, Servizio Etam – animazione di comunità e territorio, Comune di Venezia), Ranieri Zuttion (responsabile Area di ricerca e innovazione per il Welfare di comunità – Regione Fvg), Lucilla Moro (assistente sociale Ambito 6.5), Ivana Foresto (progetto Genius Loci), Roberto Valusso (presidente Cooperativa sociale Acli).
Articolate le sollecitazioni della giornata, a partire dall’intervento di Pierluigi Di Piazza, che ha evidenziato la necessità di aprire e aprirsi alla comunità attribuendo senso e valore alle parole, perché la comunità ha bisogno di nutrimento e dinamismo, e non può vivere di immagine ed esteriorità. Le persone che la abitano dovrebbero poter abitare anche le istituzioni, ma senza autoreferenzialità e senza chiusure, in una prospettiva di crescita anche interiore e non di isolamento. Il ruolo del funzionario, anche religioso, va distrutto e ricostruito, eliminando automatismi ed ortodossie stantie ed eccessivamente ritualistiche, per riconsegnarne la reale funzione al cuore e all’anima delle persone.
Molto spesso l’istituzione è rigida – ha evidenziato Lucio Bomben -, non è capace di adeguarsi ai tempi che cambiano, alle necessità delle persone che si trasformano. Una delle più grosse difficoltà è proprio il saper interpretare i bisogni dei cittadini, specie nell’area sanitaria. Le istituzioni sono spesso schiacciate da quotidiano- gli ha fatto eco Stefano Franzin -, il loro è un ruolo da ripensare, perché siano utili a rispondere ai bisogni delle comunità si ravvede la necessità di adeguare le competenze di chi vi opera.
Manca invece, e questo accade con sempre maggiore frequenza, una progettazione strutturale a livello delle istituzioni, tanto che a diventare strutturale è spesso l’emergenza. Lo dimostra, secondo Di Piazza, la questione dei profughi e del rifiuto all’accoglienza da parte di alcune comunità, istituzioni comprese, quasi che la presenza di richiedenti asilo potesse sconsacrare le comunità stesse e le persone che vi abitano, squalificandole. Oggi più che mai, invece, appare importante (e portante) la dimensione della cura, la dimensione sanitaria. Prendersi cura significa anche coinvolgersi nell’attenzione, ascolto, condivisione, accompagnamento, sia a livello personale che istituzionale.
Oggi non è più possibile pensare a progetti di comunità che non tengano in considerazione la coesione sociale. I servizi di comunità – ha posto l’accento Orietta Antonini, presidente della Cooperativa sociale Itaca – non sono una nuova fetta di mercato, e l’idea di un progetto di comunità rappresenta un’idea di sviluppo del welfare del futuro. La privatizzazione dei servizi va contro l’idea della promozione del benessere sociale dei cittadini, patto fondante anche a livello giuridico della cooperazione sociale. Serve un cambiamento di modelli, concezioni, valori, dove tutti i soggetti vengano ridisegnati. Da qui l’idea di un patto tra istituzioni per la ricostruzione del welfare del futuro. Sulla stessa linea anche Angelo Cassin, secondo il quale le istituzioni vanno ripensate e rese più orizzontali, il futuro è lavorare assieme alzando il livello di responsabilità.
I cittadini di solito ricorrono alle istituzioni quando ne hanno bisogno e spesso vi si rapportano in maniera rivendicativa e conflittuale. Le nuove emergenze socio sanitarie – ancora Franzin – risiedono tutte sul territorio, nella famiglia, nelle scuole, anche nelle strutture di accoglienza, dove la vita si manifesta in un rapporto distorsivo. Serve quindi un nuovo assetto dei servizi e delle istituzioni stesse che li governano, questa è una sfida fondamentale da affrontare, perché i servizi sono lontani da dove il disagio sociale si manifesta in maniera problematica.
Il progetto Genius Loci è oggi diventato un modello – ha fatto notare Antonini -, proprio perché progettato dal basso, con una grande attività svolta all’interno dei quartieri di Pordenone. Un progetto inter servizi che ha visto e vede il coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali, Provincia, Comune, Ass6, cooperative sociali Itaca, Fai e Acli. Il ruolo del pubblico resta imprescindibile nella costruzione del welfare di oggi, perché è quello che garantisce l’accesso a tutti i cittadini.
I lavori del pomeriggio hanno visto porre l’accento su alcuni progetti quali “Percorsi di cittadinanza” di MoVI, Anteas, Caritas; “Etam, animazione di comunità e territorio. Servizio delle istituzioni” del Comune di Venezia; “Welfare Fvg, rapporti pubblico-privato sociale per l’associazionismo familiare” della Regione Fvg. Nel corso del suo intervento introduttivo, Stefano Carbone ha evidenziato come lo sviluppo di comunità sia da rilanciare. Le persone trasformano i contesti in cui vivono, risulta così necessario portare sulla scena bisogni e visioni diversi, anche se non sempre si conciliano. Gli operatori del sociale dovranno essere in grado di intercettare i cambiamenti del territorio in quanto sacerdoti del bene comune. E le giovani generazioni sono quelle maggiormente interessate a questa condivisione.
Fabio Della Pietra