Nidi e operatori a confronto (2)
Faenza
La partecipazione al 2° Meeting nazionale degli Operatori dei Nidi è stata un’esperienza entusiasmante, mi ha lasciato tanti spunti e tante idee che sicuramente saranno utili anche per gli altri operatori dei Nidi; condividere poi due giornate con Laura e Tiziana è stato divertentissimo. Gli interventi degli ospiti sono stati interessanti, ma due mi hanno colpito in particolar modo: quello del dott. Ezio Aceti, psicosociologo, e quello dello scrittore Luigi Dal Cin, che ha pubblicato circa 100 libri per ragazzi.
La loro personalità, unita ad un’eccellente capacità comunicativa, hanno letteralmente catturato l’attenzione dell’intero teatro. Laura, Tiziana ed io abbiamo partecipato a workshop di approfondimento diversi: io ho preso parte a quello che aveva per tema “Il nido interattivo”, condotto dallo psicomotricista Gianni Ghidini e dal media educator Christian Zegna.
Il filo conduttore del gruppo di lavoro è stato il concetto di “interattività” inteso come reciprocità di scambi tra tutti i soggetti in gioco: bambini, educatori, famiglie, comunità. Riflessioni poi che hanno cercato di includere nella tematica anche la cosiddetta “educazione digitale”, chiedendosi se sia possibile ed auspicabile come eventualità futura.
Durante la prima parte del workshop sono state riportate alcune esperienze di laboratorio psicomotorio fatte dal docente con i bambini e i genitori di Milano, di cui riporto qui di seguito una sintesi. Sono stati effettuati 3 laboratori con cadenza settimanale (il sabato) e ad ogni laboratorio veniva richiesta la presenza di un genitore (solitamente si alternavano mamma e papà), del bambino e là dove possibile delle educatrici del nido, che avevano un ruolo meramente osservativo; la sera poi, vi era un incontro di restituzione di quanto osservato durante i laboratori, ovviamente alla sola presenza degli adulti. Era stato richiesto, inoltre, che agli incontri serali partecipassero una volta le mamme e una volta i papà ed infine all’ultimo incontro era richiesta la presenza di entrambi.
Dai 18 mesi d’età i laboratori erano differenziati. Tutti i laboratori erano così strutturati: momento introduttivo, attività, momento di festa (merenda insieme), momento di riflessione da parte del genitore sulle cose che lo hanno colpito e condivisione interattiva con il docente (la sera).
Il primo laboratorio prevedeva da parte dei piccoli e dei genitori la costruzione di una casa realizzata con dei cartoni ed era diviso in tre momenti: costruzione della “mia casa”, osservazione e confronto con le altre case, sacrificio di un pezzo della mia casa per donarlo alla comunità al fine di realizzare un edificio comune (ad esempio, una torre).
La casa in senso simbolico rappresenta la vera “casa” del bambino e ci racconta molto sulle relazioni al suo interno. Spesso infatti si osserva un genitore intento nella realizzazione di una casa perfetta ma che non si cura di coinvolgere il suo bambino nella realizzazione, oppure una casa all’apparenza molto bella ma che crolla dopo poco esser stata realizzata. Il confronto con le altre case serve poi ai genitori per capire che esistono altri tipi di genitorialità con cui potersi misurare (dall’osservazione spesso si accorgono che la casa da loro costruita può essere migliorata).
Il secondo laboratorio prevedeva da parte dei bambini e dei genitori la costruzione di un mezzo di trasporto ed era diviso in quattro momenti: il genitore e il bambino passeggiano per mano, il genitore diventa “un mezzo di trasporto” per il proprio piccolo (ad esempio, si mette carponi), viene dato un telo e il genitore può utilizzarlo come mezzo di trasporto, vengono offerti scatoloni e corde per la realizzazione di un mezzo di trasporto.
Il significato simbolico di questo laboratorio è la metafora del genitore come guida per il proprio figlio, venivano osservati le posture del corpo del genitore durante l’interazione con il bambino, la velocità e l’entusiasmo con cui lo trasportava, il tipo di mezzo costruito e la lunghezza della corda usata per trainare (ad esempio, una corda troppo corta indica necessità di tenere tutto sotto controllo), l’utilizzo di ausili quali ad esempio il telo sotto il cartone per fare meno fatica (indica l’accettazione dell’aiuto di terze persone nell’educazione del proprio bambino).
Il terzo laboratorio prevedeva un percorso ad ostacoli per genitore e bambino ed era diviso anch’esso in quattro momenti: stanza vuota, il genitore e il bambino camminano liberamente; vengono messi degli ostacoli che possono essere anche arginati; viene creato un percorso per i bambini, dove gli ostacoli non possono essere arginati ma solo superati; viene posizionata una montagna da scalare e dalla “cima” della vetta, se il piccolo lo desidera può gettarsi nel “laghetto” sottostante.
Il significato simbolico di questo laboratorio è la capacità del genitore di supportare il piccolo nelle difficoltà senza però intervenire, accettando che sia lui stesso a sperimentare, andando incontro anche a forme di frustrazione che permettono però al piccolo di trovare strategie nuove e riuscire nell’impresa.
La seconda parte del workshop tenuta dal media educator Zegna ha trattato il tema dell’interattività del nido in relazione anche al mondo del web e alla possibilità che quest’ultimo possa diventare anch’esso uno strumento da utilizzare nella vita del nido. Questo argomento ha sollevato numerose domande circa l’opportunità di far riferimento a strumenti, come ad esempio Facebook, per condividere informazioni con i genitori stessi.
A conclusione del mio breve contributo mi sento di ringraziare le mie due “compagne di viaggio” per le belle giornate trascorse insieme e la Cooperativa Itaca per avermi offerto questa opportunità di crescita professionale.
Caterina Ferrario