Pordenone
Mutualità e cooperazione dovrebbero essere sinonimi. Pare invece che, per molte socie e soci di cooperative, mutualità sia una parola sconosciuta; assume addirittura una connotazione negativa quando ci sono notizie, come quelle apparse su molti importanti organi di informazione, che hanno denunciato come estorsivi i 4 mila euro pagati per diventare socie lavoratrici (e soci lavoratori) di una cooperativa sociale veneta. La notizia ha pure enfatizzato l’appartenenza della cooperativa ad una associazione di categoria e per sillogismo ne viene fuori che “nelle coop rosse si paga per lavorare”.
Ho visto le facce sgomente, deluse, arrabbiate, di molti miei compagni cooperatori, perciò anche se è un tema molto articolato, tenterò qualche puntualizzazione premettendo che non intendo difendere l’operato della cooperativa in questione, ma difendere alcuni nostri principi di cooperatori. Preciso anzi, che il nostro consiglio di amministrazione, non meno di un anno fa, proprio a fronte della stessa notizia, ha rimarcato il principio della porta aperta (tutti possono diventare soci) ma con una promozione del rapporto associativo agganciato all’esistenza di un rapporto lavorativo a tempo indeterminato. E’ stata anche l’occasione per riparlare di tassa di ingresso che in Itaca, fino ad oggi, non è mai stata applicata.
La cooperativa è una società partecipata e governata dalle socie e dai soci che la compongono. Per entrare in una società si paga. Quanto? Lo devono stabilire i soci stessi, insieme, quanto vale quel rapporto di scambio che instaurano con la loro cooperativa, che va oltre il rapporto lavorativo, e che serve alla società per permettersi di fare al meglio quello che deve fare (perseguire la mission). E sono sempre i soci, insieme, che devono stabilire anche quali forme specifiche dare al principio di democrazia e con quali regole esercitarla.
La cooperativa denunciata nel servizio di Report non è l’unica che ha una quota sociale di 3 mila euro e una tassa di ammissione a fondo perduto. Perciò quello che probabilmente non va non è il quanto, ma il fatto che i soci non riescano a capire il perché.
Forse non va la comunicazione: il consiglio di amministrazione (che deve essere composto da una maggioranza di soci) che ha stabilito una tassa di ammissione così importante, lo ha comunicato e motivato in modo sufficiente? Il problema dell’oneroso indebitamente segnalato dalla cooperativa, quanto rischia di riversarsi sul corretto pagamento delle retribuzioni? e quanto di minare la qualità dei servizi svolti e l’esistenza della cooperativa stessa?
Conosco cooperative dove le socie e i soci sono molto consapevoli del fatto che stiamo finanziando i servizi pubblici e hanno protestato e alla fine molte di loro si sono ‘tassate’ lo stesso, con la differenza che sapevano perché.
Forse non va la partecipazione e il coinvolgimento dei soci nelle scelte strategiche: quali e quante consultazioni con i soci sono state fatte prima di stabilire una tassa di ingresso? Quali proposte alternative sono state presentate?
Di sicuro qualcosa non va. Chi si è rivolto alle organizzazioni sindacali o agli organi di stampa, lo avrà fatto, suppongo, perché non aveva altra scelta o non sapeva di avere altra scelta. Grave in entrambi i casi.
Nel servizio di report alla domanda ‘hai mai votato il bilancio, hai mai partecipato alle assemblee’, la risposta è stata no. Sarebbe gravissimo se non l’avessero informata o che ci fosse una informazione inadeguata, in caso contrario sarebbe stato pure importante che avesse attivamente partecipato.
La formazione, l’informazione, la partecipazione, sono problemi molto presenti e difficili da sfidare soprattutto quando le dimensioni sono importanti ed è un limite di cui un organo amministrativo, oltre ad esserne responsabile, deve tenere conto quando fa scelte come queste che minano il lavoro e la reputazione non solo delle socie e soci di quella cooperativa ma di tutte le cooperative. E anche questo è un tema di cui noi cooperatori, anche attraverso le associazioni di rappresentanza … italiane, dobbiamo occuparci più efficacemente di quanto non abbiamo fatto finora.
La cooperativa in questione (come tutte le cooperative) agisce dentro un quadro normativo che gli consente, tra le altre cose, di stabilire l’importo della quota sociale e se e quanto far pagare una tassa di ammissione. E’ ancor più importante sottolineare che lo stesso quadro normativo consente ai soci, insieme, di cambiarle le regole se non sono più adatte, di cambiare l’organo amministrativo se non risponde ad un dovere informativo e quindi democratico, di dotarsi di un gruppo dirigente che sappia proporre regole di partecipazione, anche economica, alternative.
Oltre la doverosa denuncia, si deve sapere che si può, anzi si deve andare oltre, fare la fatica di esercitare il diritto e il dovere di agire le regole della democrazia, di partecipare, di ascoltarsi reciprocamente, di decidere democraticamente e di assumersi la responsabilità delle scelte compiute.
Conosco cooperative, soprattutto incolori, dove per diventare soci bastano 50 euro di quota sociale e ne conosco molte dove questo corrisponde ad una strategia dei gruppi dirigenti per avere deleghe in bianco sul proprio operato.
Per contro conosco cooperative dove socie e soci, sapendo di fare bene, hanno versato anche fino a 30 mila euro di quota sociale per riceverne in cambio non tanto e solo lavoro ma un diverso modo di costruire e fare insieme impresa, un’impresa cooperativa.
Orietta Antonini
Presidente Cooperativa sociale Itaca
Pingback: LA MUTUALITA’ SI PAGA ANCHE CON LA DEMOCRAZIA – Itaca