UNA DANZA CURIOSA TRA I VALORI DI ITACA

Intervista ai consiglieri Marta Bressaglia e Simone Ciprian

 

Pordenone

Marta Bressaglia 2Marta Bressaglia è in Itaca dal 2009, inizia la sua carriera come animatrice nella Casa di riposo di Sacile, per approdare al coordinamento del servizio nel 2011. Nella sua candidatura, Marta dice che questi anni di lavoro l’hanno fatta crescere sia personalmente che professionalmente, tanto da scegliere di rimanere a lavorare nel sociale e con la Cooperativa Itaca, nonostante negli anni le si siano presentate opportunità di tornare al lavoro profit che ha svolto in passato.

Marta è la seconda consigliera d’amministrazione per giovinezza, facendo crescere il protagonismo dei giovani nel movimento cooperativo, trovando tempo da dedicare attivamente alla vita della Cooperativa pur essendo mamma giovanissima di Alessandra, che oggi ha 16 anni, e moglie.

Competenza e umiltà sono le due parole che contraddistinguono Marta nella gestione attenta di tutti i ruoli che la vedono protagonista, con la presenza attiva e significativa nella vita della propria figlia e del proprio marito, coordinatrice di oltre 50 operatori che lavorano presso il servizio da lei coordinato e adesso come consigliera curiosa, attenta e generosa nel condividere la propria preparazione e le proprie idee.

Simone Ciprian 2Simone Ciprian si è laureato al Dams, ma non chiedetegli di danzare, solo di suonare, si riposa dalle impegnative serate di gioco con la figlia leggendo libri e proponendo incontri di lettura. Ha iniziato come educatore nel 2001, poi è passato al coordinamento dei servizi socio educativi della Bassa friulana e, dalla fine del 2011, è il coordinatore dell’area Minori. E’ al suo secondo mandato come consigliere ed ha voluto mettere a disposizione tre anni di presenza nel Consiglio. Dice che: “entrare dentro un’organizzazione significhi, tra le tante cose, assumersi l’onere di conoscerla e comprenderla nella sua complessità”.

 

Come promuoveresti la Cooperativa ad un’eventuale nuova socia o socio?

Marta Credo che Itaca vada vissuta. Quando ho iniziato il mio cammino in Cooperativa mi erano state esposte le iniziative, le opportunità e i vantaggi che lo status di socia prevedeva ma credo di aver compreso il valore di tutto ciò solo quando l’ho sperimentato sulla mia pelle. La cosa che mi sentirei comunque di affermare come primo vero vantaggio è che in Itaca la persona è veramente al centro di ogni processo, di ogni decisione, sia che si parli di utente ma anche che si parli di soci e tutto ciò rende la nostra Cooperativa un contesto lavorativo se non unico, estremamente raro e prezioso.

Simone – La discussione in Consiglio di amministrazione per istituire l’Open Day, ovvero la giornata dedicata ai soci, ha restituito diverse proposte valide in grado di accogliere e conoscere i nuovi associati. Il senso dei molteplici approcci possibili dovrebbe comunque convergere, a mio avviso, verso termini quali attenzione, chiarezza, ascolto, mutualità ed escluderne altri come lontananza, superficialità e chiusura. Itaca e il suo personale sono in grado di sostenere la parte migliore di tale manifesto, se così possiamo definirlo, anche se nuove sfide ci attendono dietro l’angolo: quanto saremo in grado di sostenere e praticare realmente tale vicinanza con i futuri soci lombardi, piemontesi o liguri?

 

Cosa ti fa veramente arrabbiare?

Marta – Il semaforo rosso quando ho fretta, non trovare parcheggio quando sono in ritardo, lo spigolo del letto quando cammino a piedi nudi, svegliarmi nel momento più bello di un sogno meraviglioso, le attese ai centralini, le attese in genere, bruciare il caffè, perdere il treno. In particolar modo però mi fa arrabbiare la falsità. La falsità, l’ipocrisia e l’incoerenza. Sono tre cose che mi mandano davvero in escandescenza. Sempre.

Simone – Tra le varie, direi l’approssimazione e la superficialità, le quali comprendono al loro interno questioni profonde, legate ai valori, al rispetto delle persone e molto altro. Ragionare sulle proprie azioni – senza escludere quelle altrui nelle quali veniamo coinvolti – e le loro implicazioni, all’interno di un sistema complesso com’è quello di Itaca, costa tempo e fatica. Ma è indispensabile, per evitare il rischio di diventare singole individualità, chiuse dentro uffici anonimi e in grado di sopravvivere solamente a se stesse.

 

Per essere un consigliere di amministrazione di Itaca, quali qualità e caratteristiche occorrono?

Marta – Sono consigliere solo da pochi mesi e quindi forse non ho una visione del ruolo completa come altri miei colleghi, ma per il momento credo che siano indispensabili una buona dose di disponibilità e flessibilità per poter conciliare i tempi del ruolo lavorativo “standard” con quello del consigliere, capacità di ascolto per raccogliere le necessità dei soci ma anche per sapersi confrontare in maniera costruttiva durante i consigli ed infine competenze di team-working, perché il lavoro di gruppo risulta fondamentale per gestire i progetti in capo al Consiglio stesso. Ci sarebbe molto altro da aggiungere per la definizione del “consigliere ideale”, ma da neofita queste sono quelle su cui cerco di concentrarmi.

Simone – Credo che la figura del consigliere, oggi, necessiti innanzitutto di tempo: tempo da dedicare alla lettura dei documenti, all’approfondimento delle questioni, all’ascolto. In questi ultimi anni Itaca ha ampliato enormemente il suo campo di azione territoriale incamerando, al contempo, complessità. E il trend è, almeno nelle intenzioni, ulteriormente in crescita. Credo che la questione delle competenze dei singoli non sia di primaria importanza per un consigliere, almeno non tanto quanto lo stare dentro le cose, discuterle per averle quantomeno già ascoltate o, al massimo, affrontate durante il proprio lavoro. Incidere, con cognizione di causa, nelle scelte implica un pregresso di conoscenze (conoscenze, non competenze), altrimenti impossibile, dato il poco tempo – ‘rubato’- a disposizione dei singoli, già compressi nelle rigide vesti di lavoratori.

 

Se dico Bilancio a te cosa viene in mente?

Marta – Di getto dico “numeri” ma anche equilibrio. Equilibrio tra obiettivi e risultati ottenuti, tra aspettative e realtà, tra benefici e costi. Credo che questo equilibrio non sia semplice da ottenere e ancora meno da mantenere, sia a livello personale che a livello professionale, ma in fondo non è detto che l’equilibrio sia per forza la meta a cui tendere. Ho sperimentato grandi soddisfazioni anche da piccoli successi che hanno richiesto a monte un importante impiego di risorse e posso dire che, nonostante tutto, ne è valsa la pena.

Simone – Quello preventivo è più “leggero”, più facile da affrontare perché tutto in divenire. Quello consuntivo invece parla chiaro, non mente “quasi” mai (in Itaca possiamo tranquillamente togliere il “quasi”) e porta con sé la parte più complessa del bilancio preventivo, ovvero la verifica degli obiettivi e delle strategie adottate per raggiungerli. Credo che i nostri sforzi debbano concentrarsi su questi ultimi aspetti: un’analisi preventiva, puntuale e precisa, implica, successivamente, meno sorprese e meno oneri.

 

Sogna! Itaca fra tre anni come la vorresti?

Marta – La vorrei sempre coerente con i valori che l’hanno vista nascere ma con dimensioni logistiche più ampie. Mi piacerebbe vedere Itaca operativa almeno nel nord Italia e non solo nel Triveneto, operativa in territori nuovi in cui portare il nostro modus operandi, i nostri principi e le nostre competenze. Non so se effettivamente questa coerenza sia effettivamente praticabile con i grandi numeri ma in fondo, se devo sognare, lo faccio in grande!

Simone – Diffusa, non troppo lontana, responsabile. Un’Itaca a misura di essere umano (non dico “uomo” altrimenti qualcuno si potrebbe offendere), complessa (che è un termine moderno, non negativo…) e leggera allo stesso tempo, attenta verso se stessa e i suoi interlocutori. Meno banale di questa mia risposta!

A cura di Orietta Antonini

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