La Cooperativa Itaca è una cooperativa sociale
Pordenone
Il bilancio della Cooperativa Itaca è stato – anche nell’anno 2013 – positivo, malgrado il panorama esterno caratterizzato da un continuo arretramento socio economico e occupazionale e una continua emergenza politica. Anche se gli indicatori di crescita sono più modesti degli anni precedenti, giudichiamo – proprio in considerazione del contesto – più che apprezzabili il consolidamento dell’attività e il lieve miglioramento rilevato.
I lavoratori mediamente occupati si sono mantenuti sopra le 1400 unità (con un incremento inferiore al 3% rispetto allo scorso anno) di cui più del 75% rappresentato da soci lavoratori, il valore della produzione supera i 37 milioni di euro e l’utile pari a € 280.363 indica una marginalità vicina al punto di pareggio ma ancora positiva. Vale la pena ricordare che il nostro fine non è coltivare utili: la Cooperativa Itaca è nata nel 1992 per il “perseguimento dell’interesse generale della comunità” svolgendo servizi che sappiano tutelare il lavoro dei soci e le persone in condizioni di svantaggio che ricevono i servizi di cura.
Come abbiamo fatto?
I punti di forza di Itaca derivano dal posizionamento, fortemente ancorato al territorio, dall’ampiezza qualitativa delle attività gestite che abbracciano molti servizi residenziali, territoriali all’agio e al disagio, e non esclude nessuna categoria di svantaggio.
Un ulteriore, decisivo, punto di forza deriva anche dal fatto che Itaca ha una struttura sana, onesta e consapevole (e femminile prevalentemente) a cui abbiamo contribuito, ciascuno con il proprio ruolo, tutte noi socie e soci che l’abbiamo fatta crescere e ne abbiamo determinato l’identità odierna.
Itaca è un modello di cooperazione sociale ed è una realtà sociale e occupazionale rilevante. E’ diventato un punto di forza anche l’ampiezza quantitativa della nostra attività: potersi permettere autonomia progettuale è anche una questione di forza economica e finanziaria. Un obiettivo questo, che abbiamo scelto e percorso con ostinazione e sacrificio.
Molte, forse troppe, energie – anche attraverso Legacoopsociali e la Commissione Paritetica del Fvg – le utilizziamo per difendere le nostre marginalità che vogliono dire riuscire a mantenere retribuzioni e qualità di cura dignitosi. Salvaguardare il margine, che come si vede nei nostri bilanci, significa stare appena sopra il punto di pareggio, è indispensabile non solo per non intaccare il patrimonio dei più di mille azionisti (soci lavoratori), ma anche per riuscire a stare dentro la nostra mission con nuove strategie, con le possibili innovazioni progettuali, mantenendo quel livello di dialogo tra soci lavoratori e comunità di riferimento.
Personalmente ho sempre detto che se c’è qualcuno più bravo di noi a fare, è bene che faccia al posto nostro. Prima però dobbiamo metterci d’accordo su cosa vuol dire fare bene: non vuol dire non rispettare i contratti di lavoro o aggirarli, non si fa l’interesse generale accettando di rispondere ad appalti pubblici che guardano solo il prezzo e la compressione dei costi, non si fa promozione umana non facendo la formazione necessaria a occuparsi di beni relazionali e molto altro.
Credo quindi di poter dire che la qualità dei servizi e la positiva tensione verso il lavoro dei soci incidono positivamente anche nell’andamento della gestione, perché rappresentano variabili tangibili e molto correlate.
Crisi del welfare, calo delle risorse, disarmonie delle politiche di governo… Che cosa farà la Cooperativa Itaca?
Noi siamo nati con uno scopo preciso e – per quanto mi riguarda – continueremo a restare fedeli alla nostra mission di affiancare tutte le articolazioni della pubblica amministrazione nel perseguimento dell’interesse generale, svolgendo servizi che sappiano tutelare il lavoro di chi li eroga e chi li riceve.
Sono questi i due temi centrali della nostra attività e continueremo ancora ad andare in questa direzione: difesa del lavoro, della salute e sicurezza dei lavoratori, della formazione e informazione (tanto più che siamo prevalentemente donne), senza trascurare l’efficientamento di processi e procedure ma cercando di interrogarci sempre sull’efficacia delle nostre azioni.
Il nostro mercato di riferimento non solo è in recessione pur aumentando la domanda, ma è oggetto di politiche pubbliche che scontano tante scelleratezze e sono ancora “incerte”, cioè che nel migliore dei casi guardano all’emergenza ma non agli investimenti sul futuro. Abbiamo sempre guardato con timore alla mercatizzazione dei servizi pubblici e continuo a pensare che sia pericoloso e dannoso. Ma è un discorso ampio e complesso e abbiamo il dovere di affrontarlo con responsabilità e consapevolezza.
Vanno salvaguardati a tutti i costi lo stato sociale ovvero garantire uguaglianza nell’accesso alla salute e alla cura (e lo stesso si potrebbe dire per l’istruzione, per il lavoro, per la casa), pertanto la privatizzazione dei servizi socio sanitari deve avvenire con regole – poche ma chiare – ampiamente condivise e dichiarate. Diversamente succedono cose devastanti: speculazione sulla salute, aumento delle disuguaglianze sociali, disgregazione dei diritti, conflitti sociali.
Ma conosciamo anche le demagogie su questi temi. La cooperazione sociale è nata da una stagione di riforme (l’integrazione scolastica ai portatori di handicap, la legge Basaglia solo per citarne due) che hanno sancito diritti che le varie articolazioni dello Stato non sono state in grado di garantire; a queste aggiungiamoci le modificazioni socio demografiche degli ultimi venti anni.
La cooperazione sociale è nata proprio sussidiando gli enti pubblici affinché fossero garantiti servizi di inclusione sociale.
A chi pensa che siamo stati complici nel contribuire al disfacimento dello stato sociale rispondo che secondo me la nostra presenza ha tenuto un po’ più lontane le multinazionali della salute, che i soggetti che operano nel campo della tutela della salute e dell’inclusione sociale dovrebbero essere tutti non profit, che dalla cooperazione sociale occorre pretendere molto, che – al di là delle eccezioni che vanno controllate, condannate e annullate – la cooperazione sociale è una specialità italiana che va salvaguardata per l’interesse pubblico.
Orietta Antonini