APPLICAZIONE DEL CCNL

Assemblea regionale delle Cooperative Sociali sullo stato della vertenza contrattuale e le conseguenti decisioni

Udine

La Cooperazione Sociale del Friuli Venezia Giulia è sempre stata all’avanguardia a livello nazionale. Nella nostra regione, a Trieste quarantadue anni fa, è nata la prima cooperativa italiana di inserimento lavorativo di utenti dei servizi di salute mentale, nell’ambito della “rivoluzione basagliana”, di cui la cooperazione sociale è una delle più importanti eredità.
Si tratta di un processo che coinvolge oggi quasi 10.000 lavoratori, in stragrande maggioranza donne. Un decimo di essi sono persone segnalate dai servizi socio-sanitari pubblici od in possesso del certificato di invalidità: nell’arco di decenni, ciò significa che decine di migliaia di persone in difficoltà hanno trovato lavoro e dignità tramite la Cooperazione Sociale, così come decine di migliaia di giovani diplomati e laureati hanno trovato la loro prima, e a volte la più stabile e gratificante, occupazione in questo settore.
Ma anche il nostro settore, anche la nostra Regione risente oggi pesantemente degli effetti della crisi. Alcuni indicatori:
• nell’ultimo triennio si rileva un aumento nel numero di occupati ma si cominciano a registrare una riduzione nella capacità/possibilità di generare nuova occupazione per il nostro settore che pesa in modo particolare nel numero degli occupati delle cooperative miste (A+B);
• emerge un incremento di utilizzo della CIGO o in deroga;
• si registra una progressiva riduzione dei margini gestionali.

Tre dati che vanno a confermare quanto sia importante nelle nostre cooperative il valore lavoro, il riuscire a garantire – ai limiti della sostenibilità economica – posti di lavoro che significano presente e futuro per molte famiglie, per molte persone svantaggiate.
L’applicazione dei Contratti Collettivi di Lavoro è stata fin dall’inizio uno degli obiettivi della Cooperazione Sociale: quale uguaglianza e quale ri-abilitazione è possibile, se non ci sono uguali condizioni di lavoro e di retribuzione?
Purtroppo, il fatto che le Cooperative (sociali e non) lavorino in maggioranza in appalto, scarica su tali realtà di lavoro autogestito la riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione. A dispetto delle normative europee (mai come in questo caso sottovalutate ed ignorate), esistono ancora le gare “al massimo ribasso”, che vogliono dire innanzitutto “al minimo salario”. E le ultime leggi di questi anni, tra “spending review” e centrale nazionale degli acquisti (Consip, con i suoi mega-appalti nazionali, contornati dal fiorire dei subappalti), hanno contribuito a peggiorare la situazione.
Certo, abbiamo ottenuto anche notevoli conquiste: norme precise – da ultimo le nuove Direttive europee sugli appalti e le concessioni, in via di approvazione – favorirebbero il settore della Cooperazione Sociale, escludendola dalle tenaglie di Consip e della “spending review”. Ma la disattenzione di alcuni Enti Pubblici (con eccezioni importanti: gli appalti con “clausole sociali”, oppure riservati, indetti da enti come il DSC, la centrale regionale degli acquisti della Sanità, sono stati finora modelli di rilevanza nazionale) e pure di molti operatori sindacali comporta un utilizzo ridotto della “cassetta degli attrezzi” a disposizione per favorire il lavoro sociale e l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e disabili.
Recentemente però dobbiamo lamentare un episodio particolarmente negativo quanto agli orientamenti regionali in materia appaltistica. Una direttiva dell’assessorato regionale alla salute sulle gare d’appalto del settore (escluse quelle a valenza sociale) prevede la percentuale di soli 40 punti riservati alla qualità e ben 60 al prezzo, con una inversione di tendenza rispetto alla scelta di privilegiare la qualità dei servizi offerti. In tal senso, si fa un passo indietro, in direzione del “massimo ribasso”.
Nella nostra regione, la vertenza per l’accordo di gradualità contrattuale ed il rinnovo dell’accordo regionale di 2° livello è ferma ormai da un anno. Poco, a confronto con il blocco salariale generalizzato in vigore nel pubblico impiego; nulla, se pensiamo alla riduzione del numero di occupati ed alla precarizzazione del lavoro prodotti dagli appalti “al massimo ribasso”. Un anno fa, dopo mesi di trattative e lavoro congiunto, era stata approntata una bozza di accordo, non firmata all’ultimo momento dalle Organizzazioni Sindacali di categoria, per divisione attuatesi tra loro ed al loro interno.
Oggi le Cooperative Sociali, riunitesi in assemblea regionale unitaria a Casarsa della Delizia, hanno confermato di aver attuato tutti gli aumenti contrattuali previsti ai sensi del CCNL (gli aumenti previsti dal contratto sono stati tutti corrisposti, anche se con un modesto differimento, e qualcuno è pure stato anticipato) e hanno deliberato che le cooperative che si trovino in condizioni economiche buone procedano con un’integrazione dell’EGR (elemento di garanzia retributiva) già erogato a maggio dello scorso anno.
L’Assemblea è stata l’occasione per ricordare come prosegua l’iniziativa unitaria del Comitato Paritetico Regionale per la Cooperazione Sociale (organismo derivante dal CCNL, che vede partecipi sia le scriventi associazioni cooperative, che le organizzazioni sindacali del settore) in funzione di Osservatorio sugli Appalti: praticamente l’unico operante in Regione. Si tratta di un lavoro importante, che dal 2005 ad oggi ha realizzato circa 200 interventi, che hanno portato nel 29% dei casi ad una modifica od annullamento delle procedure.
Peccato che qualche voce stonata nel sindacato non se ne sia accorta, a dispetto dell’opinione degli stessi operatori delle organizzazioni sindacali impegnati nel settore, a cominciare dal Comitato Paritetico, cui il sindacato ha dato in questi anni un contributo decisivo.
Forse qualcuno può ritenere che, continuando a lasciar correre gli appalti al “massimo ribasso”, le retribuzioni delle cooperatrici e dei cooperatori sociali siano destinati ad aumentare per qualche miracoloso fenomeno? Noi, al contrario, pensiamo sia cruciale il lavoro di Osservatorio, contenzioso ed informazione nei confronti della Pubblica Amministrazione, nel quadro di un’azione volta a migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori e, non meno importante, la qualità dei servizi resi alle/agli utenti.
Inoltre vogliamo porre esplicitamente una questione di fondo. E’ importante per la nostra società o no che esistano delle aziende senza padroni? E’ cruciale o no promuovere l’autogestione da parte delle lavoratrici e dei lavoratori? Di fronte alle crisi aziendali che si moltiplicano, il compito del sindacato può limitarsi ad essere quello di fare concessioni crescenti alle proprietà, o di chiedere per conto di queste finanziamenti alle autorità pubbliche, oppure infine di cercare nuovi padroni, senza tentare di percorrere la via alternativa della cooperazione?
Per noi, sicuramente, la differenza c’è, fa parte del nostro DNA.
Le/i presidenti

Giada Pozzetto, Giuliana Colussi, Gian Luigi Bettoli

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