Buone pratiche per umanizzare l’assistenza
Rimini
Seconda parte del resoconto inerente il 5° Convegno internazionale sulla Qualità del Welfare intitolato “La tutela degli Anziani. Buone pratiche per umanizzare l’assistenza”, svoltosi a Rimini il 18 e 19 ottobre scorsi. Nelle due sessioni plenarie (mattina del primo giorno e pomeriggio del secondo giorno), i relatori italiani erano tutti docenti dell’Università Cattolica di Milano, da Folgheraiter a Donati, alla responsabile del convegno, Nicoletta Pavesi.
Durante il dibattito è intervenuta l’assistente sociale Galoppin di Trieste che ha illustrato brevemente l’esperienza dei condomini solidali avviati con la LR 15/2003. Nella seconda mattina ho scelto di seguire due workshop sul tema della demenza, il primo sull’approccio capacitante e ovviamente il nostro su Gentlecare.
L’approccio capacitante
Il seminario condotto dall’ideatore del metodo Vigorelli, che si fa a Lai, ha approfondito il tema della comunicazione con l’anziano demente, che si basa sulla parola che il professionista sceglie quando comunica con la persona. Sono state illustrate le esperienze di alcuni progetti tra cui il progetto Chiodo – Storia identità luogo presso la Rsa del Comune di Premoselle.
Al momento dell’ingresso di un nuovo residente viene posto un chiodo sopra il comodino, per far appendere e quindi richiamare simbolicamente il concetto di casa, competenze a contrattare, la personalizzazione e il riconoscimento dell’anziano, la promozione dell’identità e autonomia dell’anziano in un’ottica capacitante.
Il progetto Attività significative Personali, RSA di Lecco.
Consiste nel fare con l’anziano un’attività al giorno significativa, realizzata da un Oss. Gli strumenti per la realizzazione sono progetto Pai, allegato al Pai che illustra le Attività significative Personali in base alla storia della persona. Progetto Accoglienza, con la realizzazione di un colloquio con l’anziano di circa 10’ con l’approccio capacitante.
Tecniche capacitanti basate sulle parole:
Non fare domande,
Riformulare,
Restituire il tema narrativo,
Riconoscere le emozioni,
Rispettare la lentezza, le pause, i silenzi (saper stare in silenzio per lasciare venir fuori l’altro),
Ascoltare,
Non completare le frasi lasciate in sospeso,
Accompagnare l’anziano nel suo mondo possibile,
Cercare un punto di incontro possibile,
Non interrompere,
Bocca chiusa orecchie aperte,
Durata del colloquio stabilita dall’anziano.
Workshop Esperienze di applicazione del metodo Gentlecare
Il seminario condotto da Elena Bortolomiol ha presentato l’esperienza del nucleo residenziale Alzheimer dell’Asp Grazioli di Trento. Il nucleo prevede 16 clienti; i criteri di ammissione sono diagnosi di demenza, deterioramento medio (Mmsed min di 19), disturbi del comportamento (Npi magg di 24), deambulazione autonoma (Barthel Index).
L’équipe è costituita da 11 Oss, 1 Educatore con funzione anche di responsabile di nucleo, Fisioterapista per 12 ore/sett; Neuropsichiatra consulente esterno presente 2 volte a settimana, medico, psicologo.
Gli strumenti utilizzati sono scheda biografica, scale di valutazione validate, diario integrato (con la cartella infermieristica, strumenti di rilevazione dello stress/soddisfazione del personale (focus group e scala di Gruetzner), rilevazione della soddisfazione dei familiari (focus group).
I risultati ottenuti con l’utilizzo del metodo sono mantenimento delle Adl, riduzione di disturbi psichici e comportamentali, riduzione terapie psicoattive, percezione stress lieve da parte degli operatori, gradimento dei familiari.
Giusy Conte ha illustrato il progetto della cooperativa sociale Il filo di Arianna di Venosa (Basilicata), che ha realizzato gruppi appartamento e un centro diurno. Marta Bressaglia di Itaca ha presentato il progetto e i risultati del nucleo giallo della CdR di Sacile.
Le numerose domande dei partecipanti hanno riguardato il significato di protesi, come è stata gestita la questione della privacy rispetto all’utilizzo delle telecamere, se l’utilizzo di piccoli oggetti e arredi ha creato problemi, cosa sono le attività notturne, quanto incide la partecipazione dei familiari alle attività, che attività si possono fare con gli uomini, che cosa si può importare del Gentlecare nei nuclei non dedicati, quale formazione si può fare alle badanti.
Nella seconda parte del pomeriggio sono ripresi i lavori in plenaria, con le relazioni su “La vecchiaia: un concetto riduzionista”, del filosofo psicanalista Miguel Benasayang; “Il metodo Validation”, di Vicky de Clerck; “La relazionale è strutturale all’atto della cura”, di Marco Trabucchi, Università di Roma e gruppo ricerca di Brescia. Pier Paolo Donati, Università Cattolica di Milano, ha concluso il convegno sottolineando che le giornate hanno evidenziato in particolare i seguenti concetti: è necessario come operatori diventare riflessivi; umanizzare l’assistenza vuol dire saper vivere le relazioni con le persone che chiedono aiuto; riconoscere l’identità dell’altro; la relazione è l’atto strutturale della cura; la società civile sta esprimendo un fermento di soluzioni che l’istituzione deve utilizzare per dare gli indirizzi; è importante fare l’analisi delle relazioni delle reti prima e dopo un intervento. Folgheraiter, nei saluti conclusivi, ha sottolineato che non siamo noi che siamo il bene, ma il bene è relazionale; saranno le persone che umanizzeranno i servizi.
Laura Lionetti