Itaca esempio di politiche di conciliazione
Roma
«I numeri parlano da soli. Nelle nostre cooperative le donne sono il 52 per cento del personale con punte del 60 nella grande distribuzione. Come Legacoop poi abbiamo deciso che il 30 per cento delle nostre cariche associative sia riservato alle donne e nelle linee guida per le nostre cooperative abbiamo dato indicazione di una uguale percentuale nelle strutture interne. Ma la cosa più importante sono i tanti fondi che investiamo in pratiche di conciliazione per le donne che lavorano». Dora Iacobelli da poche settimane è la nuova vicepresidente di Legacoop.
Iacobelli, come ci si sente ad essere il numero due di una organizzazione con 13mila cooperative associate, un fatturato di 68 miliardi con 8,9 milioni di soci e 473mila occupati?
«È una responsabilità pesante ma sono entrata nella cooperazione appena uscita dall’università e l’esperienza fatta a capo della commissione Pari opportunità e come direttore d’area del Fondo mutualistico ConFond che promuove imprese e start up, mi aiutano molto. La sfida è quella di lavorare per l’occupazione giovanile e femminile».
In Italia le donne in carriera sono sempre poche. Nella cooperative però lei non è una mosca bianca…
«Nella cooperazione ci sono le donne e soprattutto le politiche per la parità. Noi facciamo parte, assieme ad altre 12 organismi d’impresa, del Tavolo sull’imprenditoria femminile al ministero dello Sviluppo economico. Ebbene le proposte comuni sono praticamente la copia di quelle da noi lanciate: accesso al credito agevolato per le imprese femminili con prodotti finanziari ad hoc e buone pratiche di welfare e conciliazione del lavoro nelle cooperative sociali».
Quello dell’accesso al credito è un ostacolo molto grande per le imprese al femminile…
«Sì ed è paradossale. Perché Bankitalia certifica che le imprese femminili sono le più affidabili nella restituzione dei finanziamenti ma sono quelle che ottengono i finanziamenti con più difficoltà».
Per quanto riguarda invece le pratiche di welfare e conciliazione?
«Abbiamo esempi di ottime pratiche per favorire il lavoro femminile e di attenzione alla conciliazione dei tempi delle donne che lavorano. Due casi su tutti attestano la sensibilità maturata sul tema: la Camst, colosso della ristorazione, con un miliardo di euro di fatturato e 11mila addetti di cui l’86% donne. Dall’aprile scorso ha un presidente donna, Antonella Pasquariello che è stata la promotrice di un progetto contro la violenza sulle donne basato sull’informazione, per far crescere una cultura specifica in materia verso i propri dipendenti e l’inserimento lavorativo di donne vittime di violenza. Dall’inizio dell’anno ci sono state ben 8 inserimenti su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con le associazioni territoriali e i centri antiviolenza che fanno capo alla Dire».
E l’altra?
«La seconda è la cooperativa sociale Itaca, attiva nel settore dei servizi socio-sanitari ed educativi, in particolare per quanto riguarda l’assistenza agli anziani, ai disabili, ai minori e all’infanzia. Ha 1400 lavoratori, di cui l’83% donne. Anche Itaca ha eletto nel maggio scorso una presidente donna, Orietta Antonini. La cooperativa da sempre è impegnata nella attivazione di servizi di welfare aziendale per le donne lavoratrici e socie che operano nei territori di attività della cooperativa, il Triveneto. Si tratta in particolare di servizi di baby parking e babysitter a chiamata per emergenze, supporto scolastico ai teenager, telelavoro, anche con il supporto di leggi di settore come la 53. A questo si aggiunge l’erogazione di voucher (sostenuti con fondi propri della cooperativa) per servizi esterni come nidi, scuola per l’infanzia, mensa, attività pomeridiane per ragazzi, lavanderia. È prevista una retta agevolata per i dipendenti e soci nei nidi gestiti dalla cooperativa e sono previsti 5 giorni di permesso retribuito per i neopapà, azione anche questa sostenuta con fondi propri della cooperativa».
Se dovesse riassumere la ricetta per favorire il lavoro femminile?
«Il problema principale per le donne è fare carriera, hanno percorsi troppo impervi. Alle nostre cooperative noi proponiamo più formazione e consulenze per il personale femminile, flessibilità sui luoghi di lavoro (alla Coop c’è l’esempio dell’isola: le cassiere si gestiscono i turni tra di loro), un part time che sia una scelta e non un obbligo e asili nido. Di esempi virtuosi ne abbiamo tanti».
Massimo Franchi
Fonte: l’Unità 2007-2013
Edizione Nazionale pagina 9
sezione Economia